6 luglio 11.32 Via Don Blasco, la Confesercenti: Le aziende aspettano risposte concrete”

“Fino ad oggi la cittadinanza ha ricevuto informazioni frammentarie e propagandistiche in riferimento a quello che è stato e che sarà della via Don Blasco”. A scriverlo è la Confesercenti di Messina, che tutela i diritti degli operatori economici della zona. “Per correttezza d'informazione -aggiunge l'associazione datoriale- dopo mesi di verifiche e di colloqui con le amministrazioni competenti ci  permettiamo di illustrare la reale situazione della zona.

Fino al 2010 le aziende hanno operato nella via Don Blasco in regime di concessione del Demanio dello Stato, nel rispetto del P.R.G. che prevede ancora oggi la e artigianale A.S.I. D2.2 .

Se oggi l'amministrazione Comunale ha interesse perché questa zona cambi proprietà e destinazione deve agire applicando quelle stesse regole che ha imposto fino ad ieri ai suoi cittadini. Pertanto prima si faccia chiarezza sulla proprietà, poi si modifichi il P.R.G., si faccia un progetto, si trovino i fondi ed infine si realizzi quanto si è previsto di fare.

Se questo è quanto è stato chiesto di fare agli imprenditori, questo è quello che dovrà fare l'amministrazione Comunale.

Certo è che la lodevole iniziativa del Comune per darsi un “affaccio al mare” confacente alle aspirazioni turistiche della Città non può esaurirsi nell'azione  di abbattimento di cespiti del Patrimonio dello Stato da parte delle ruspe e nell'enfasi delle dichiarazioni dell'Assessore preposto e non possiamo accettare che ciò avvenga penalizzando le poche risorse economiche e produttive esistenti.

Ebbene queste aziende, dopo  che si è avuta certezza che  all'azione di risanamento dell'area non si accompagna alcuna concreta  proposta circa la futura allocazione degli impianti che si intendono abbattere, sono precipitate in una  situazione di grave difficoltà proprio per il grande clima di incertezza creatasi.

Da più di 20 anni la Confesercenti attraverso la sezione Concessionari Demaniali opera per la tutela delle Aziende e delle maestranze che operano nelle aree concesse dal Demanio dello Stato con interpellanze al Ministero della Marina Mercantile, al Comune, agli Enti preposti.

Abbiamo costruito, anche grazie al ruolo svolto da S.E. il Prefetto Alecci, un rapporto di fattiva collaborazione con il Comune e la Capitaneria di Porto e ci meravigliamo come la Regione tramite il Dirigente Arnone, senza tener conto del confronto in atto e delle esigenze delle aziende, possa comunicare  con una “nota” che, “sull'onda delle richieste pervenutegli da Palazzo Zanca e dalla Capitaneria”, le concessioni non saranno più rinnovate.

 Per tali ragioni teniamo a precisare quanto più volte detto e scritto:

  • Le Aziende che operano nella Zona Industriale A.S.I. D2.2 di Via Don Blasco sono disponibili alla delocalizzazione collettiva  purché si individuino, di concerto con il Comune, delle aree dove poter spostare le attività con analoghe  condizioni, dimensioni  e  costi.    
  • Nel contempo si chiede la tutela di tutte le maestranze che nelle Aziende lavorano, dando certezze di continuità al fine di garantire i livelli occupazionali che per esperienza e professionalità acquisita nel tempo, oggi rappresentano la capacità evolutiva dell'azienda stessa; 
  • Fino a quando l'amministrazione Comunale e l'A.S.I. di concerto con la Regione (Assessorato Territorio e Ambiente) non avranno trovato dove e come poter delocalizzare le Aziende, si chiede che le aziende continuino a poter operare nella sede attuale in regime di prorogatio.”       

Abbiamo proposto  la delocalizzazione delle aziende nella zona di San Filippo e suggerito alternative come le aree regionali dell'ESA della ex Sanderson nella zona Pistunina-Tremestieri che potrebbero essere messe a reddito in previsione del futuro sviluppo della zona Sud (nuova Fiera e piastra Logistica) , o i locali della stessa ex Veterinaria in Via Don Blasco già in atto rientrati nella disponibilità del Comune di Messina.

Continuiamo  a confidare in una pronta risposta da parte del Comune che non può pensare di determinare la chiusura di circa 35 aziende con le maestranze che in esse vengono occupate e l'indotto che alimentano in un momento in cui la recessione la fa da padrona in una città che raggiunge un tasso di disoccupazione tra i più elevati d'Italia”.

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