19 settembre 07.30 Cantieri Palumbo, dura presa di posizione dell’ORSA

Continua la giustizia sommaria dell'imprenditore Palumbo che sembra essere giunto in riva allo Stretto per fare lo sceriffo piuttosto che l'imprenditore tenuto a mantenere gli impegni assunti in fase di concessione del cantiere navale messinese. Periodicamente l'impresa rispolvera vecchie denunce, da anni al vaglio della giustizia che ancora non ha espresso alcun responso, da dare in pasto alla stampa in coincidenza con le proteste dei lavoratori costretti a denunciare l'atteggiamento arrogante e dispotico dei proprietari che anche il Signor Prefetto di Messina ha avuto modo di valutare durante un incontro in sede Prefettizia, dove, Antonio Palumbo, incurante del rispetto dovuto alle Istituzioni presenti, ha aggredito verbalmente sindacati e lavoratori con accuse fantasiose, additando la controparte di ogni nefandezza e in preda ad un'ira incontrollata ha accusato alcuni presenti scambiandoli clamorosamente per altri soggetti assenti all'evento. Sulla scorta di tale squilibrio e dei reiterati falsi allarmi lanciati dalla Palumbo S.p.A. per giustificare le clamorose inadempienze nei confronti della città, riteniamo strumentale lo spropositato trambusto mediatico promosso da certa stampa che ha messo alla gogna due lavoratori, semplicemente accusati dalla Palumbo S.p.A., che non è nuova a certe dinamiche dai contorni denigratori. La vicenda assume i connotati del grottesco se si pensa che in merito alla accuse non esiste neanche il semplice avviso di garanzia verso gli accusati. In attesa che la giustizia faccia il suo corso non possiamo esimerci dall'informare la cittadinanza che con il metodo della denuncia mirata l'imprenditore Palumbo ha già isolato e licenziato decine di lavoratori con l'alibi “dell'allontanamento preventivo”, limitando di fatto i livelli occupazionali previsti nel bando di gara per la concessione del cantiere della falce e di quello di costruzioni (ex Cassaro) abbandonato a se stesso, senza sorveglianza e in preda agli sciacalli che lo hanno depredato di macchinari e strumentazioni di proprietà dei messinesi. Tale atteggiamento di incuria del patrimonio pubblico non fa scattare l'indignazione di nessuno? In città diverse da Messina il signor Palumbo avrebbe dovuto risarcire il danno e fornire concrete spiegazione, invece, in riva allo Stretto gli è sufficiente creare polveroni mediatici per trasformarsi da inadempiente a vittima in mano degli operai terroristi. Al cospetto di tali vicende vien voglia di imbarcarsi nella ricerca storica dell'uomo che ha avuto l'intuizione di appiopparci la nomea di buddaci… La Giustizia avrà modo di valutare, ma allo stesso tempo non si può omettere di evidenziare che oltre a scontri e denunce La Palumbo S.p.A. non ha portato altro in città, i propagandati investimenti e gli incrementi occupazionali ancora li aspettiamo. Delle 160 previste solo 40 sono state effettuate e continuano a diminuire grazie ai licenziamenti pretestuosi che la dirigenza pone in essere con metodologia cadenzata. Suona strano che Porto e Autorità Portuale non si attivino concretamente per pretendere dall'impresa il prezzo dovuto alla città che le ha concesso una delle sue aree più pregiate. Se sono questi gli imprenditori “oriundi” che dovrebbero portare investimenti e sviluppo, siamo molto preoccupati per il futuro occupazionale dei messinesi. Palumbo riesce troppo facilmente ad auto‐sponsorizzarsi come benefattore, ma nei fatti ha ridotto a 40 i posti di lavoro che nelle precedenti gestioni hanno toccato punte di 1500 unità fra diretto e indotto. Evitiamo volutamente di entrare in merito alle denuncie dell'imprenditore che la stampa cittadina ha messo in grande risalto, la giustizia farà il suo corso e attribuirà l'opportuno giudizio a chi dovesse risultare colpevole, oppure, con la stessa bilancia, valuterà il peso di eventuali accuse infondate mosse per il raggiungimento di secondi fini. Intanto pretendiamo “bocce ferme” e il ritiro da parte della Palumbo dell'ennesima sospensione di un lavoratore a seguito di notizie assunte da organi di informazione e prive di una qualsivoglia motivazione, spacciandola quale strumento “cautelativo”. La tattica è ormai logora e non può essere tollerata oltre, non si può gettare in strada un altro lavoratore prima che la giustizia lo abbia ritenuto colpevole delle accuse mossegli dallo stesso datore di lavoro, pertanto, annunciamo concrete forme di lotta che saranno attivate già da oggi a tutela delle maestranze messinesi e del patrimonio produttivo della città che meriterebbe gestioni più oculate.

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